giovedì 14 agosto 2014

I MISTERI SUL DELITTO VASSALLO ANCORA IRRISOLTI

Il 5 settembre 2010 il sindaco di Pollica veniva ucciso a bordo della sua auto. Da allora indagini a tappeto ma sinora il giallo resta senza soluzione. Pistola mai ritrovata, scena inquinata, depistaggi e veleni: tutti gli interrogativi

Il paradiso delle vacanze è prigioniero dei suoi silenzi. Sotto la Bandiera blu che sventola sul mare di Acciaroli, restano irrisolti gli interrogativi sull'omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica assassinato il 5 settembre 2010. Non è stata trovata la pistola, non è servita la prova del Dna eseguita su tutte le persone presenti sulla scena del delitto, non hanno avuto seguito le dichiarazioni di un pentito. Il sospettato della prima ora, senza mai essere stato formalmente indagato, è da sei mesi in un carcere colombiano in attesa di essere estradato in Italia.

Accanto alla pista principale, quella della droga, sono state di volta in volta affiancate altre ipotesi, tutte rimaste senza riscontri né conferme. Intanto la comunità che per quattro mandati aveva riconfermato Vassallo come sindaco e, dopo la sua morte, lo aveva eletto come simbolo della "buona politica" appare oggi sempre più divisa, lacerata dai rancori e accusata dal fratello di Angelo, Dario, di non aver voluto fornire agli investigatori quel contributo di conoscenza indispensabile per fare chiarezza su quanto accaduto quella notte.

Le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Salerno vanno avanti. Gli investigatori non hanno mai smesso di dare la caccia all'assassino. Il 18 settembre si insedierà il nuovo procuratore, Corrado Lembo. Prende il posto di Franco Roberti, da un anno procuratore nazionale antimafia, che con i pm Rosa Volpe e Valleverdina Cassaniello ha lavorato sin dal primo giorno alla soluzione del giallo. Sul tavolo dell'inchiesta, un groviglio di quesiti e contraddizioni.

La pistolaChe fine ha fatto la calibro 9.21 baby Tanfoglio che ha ucciso Angelo Vassallo? L'arma non è mai stata ritrovata. Eppure l'hanno cercata dappertutto. Sono stati effettuati controlli su cento pistole, perquisizioni a tappeto, persino ricerche nelle acque a largo di Acciaroli dove il killer avrebbe potuto gettarla subito dopo il delitto. Tutto inutile.

La scenaUna delle poche certezze dell'indagine, ribadita più volte dal procuratore Roberti, è che la scena del crimine, nelle ore immediatamente successive all'omicidio, non è stata adeguatamente preservata. Si trattò di errori dovuti alla concitazione del momento, o di un tentativo di depistaggio? Anche allo scopo di rispondere a questa domanda, la Procura dispose nell'ottobre del 2012 l'esame del Dna su tutte le persone presenti sul luogo dove Vassallo è stato ucciso, una sessantina in tutto. A oggi, non risulta che questo accertamento abbia fornito risultati significativi.

Il killerHa sparato una mano esperta o quella di un dilettante? E soprattutto, la vittima conosceva il suo assassino? Sul primo interrogativo, le interpretazioni sono discordanti. Vassallo è stato ucciso con nove colpi di pistola. Troppi per essere stati esplosi dall'arma impugnata da un professionista, secondo alcuni. Ma solo un killer pratico di armi poteva sparare tante volte senza fallire un colpo, obiettano altri. La scena lascia pensare invece che ad ammazzare Vassallo non sia stato un estraneo. Il corpo senza vita del sindaco era infatti a bordo dell'auto, ferma con il freno a mano tirato, il finestrino abbassato e il quadro acceso. In pugno stringeva ancora il cellulare. Aveva appuntamento con qualcuno? Gli era stato chiesto di fermarsi per discutere di qualcosa?

La pista della droga
È un fatto che, durante l'estate 2010, Acciaroli era stata invasa dallo spaccio di stupefacenti. Questa situazione rappresentava, per Vassallo, "fonte di preoccupazione e di agitazione al punto da diventare oggetto di confidenze ad amici, parenti e collaboratori", come scrive il gip di Salerno Emiliana Ascoli nell'ordinanza emessa alla fine del 2011 sullo spaccio di droga in Cilento prima di trasmettere gli atti per competenza a Vallo della Lucania. Questo contesto costituisce, secondo il gip, "il binario entro il quale, dopo l'omicidio, operare al fine di delineare la triste vicenda". Il sindaco era convinto che non si stesse facendo abbastanza per arginare il fenomeno. E una sera, pochi giorni prima di essere ammazzato, accompagnato solo da due vigilesse, andò personalmente sul molo di Acciaroli per prendere di petto gli spacciatori, poi anche nelle strade e nei locali della movida. Il suo gesto, o le sue parole, spaventarono qualcuno?

Il brasiliano
Il suo nome è stato il primo a essere accostato al delitto, senza però risultate mai formalmente indagato. Subito dopo il delitto, Bruno Humberto Damiani, detto "il brasiliano" perché nato a Belo Horizonte e in possesso di doppio passaporto, fu sottoposto all'esame dello stube che diede esito negativo. Due giorni più tardi, lasciò l'Italia per il Sudamerica. Considerato dagli investigatori coinvolto nell'attività di spaccio nel Cilento, inseguito da accuse legate a un'ipotesi di tentata estorsione, Damiani è stato arrestato a Bogotà, in Colombia, il 18 febbraio scorso. È ancora lì, in attesa di estradizione. Un pentito ha sostenuto che un parente di Damiani si sarebbe vantato, negli ambienti malavitosi dei rioni Pastena e Mariconda, asserendo che era stato proprio il "brasiliano" a uccidere il sindaco. La Procura ha indagato anche su un incontro a Secondigliano, avvenuto il giorno prima dell'omicidio, fra Damiani, un albergatore di Acciaroli e due napoletani. "Credo che Damiani abbia molte cose da raccontare utili alle indagini", ha detto a Repubblica il figlio di Vassallo, Antonio.

Camorra e affari

L'indagine viene assegnata alla Procura di Salerno ipotizzando una mano camorristica. Nella prima fase, gli inquirenti configurano lo scenario di una "convergenza di interessi" maturata nel contesto più ampio degli intrecci alimentati, anche indirettamente, dallo spaccio di droga. Una matrice chiaramente mafiosa non è emersa, né sono stati individuati con certezza affari capaci di armare la mano dell'assassino.

La vigilessa
Il 29 maggio 2011, a Cecchina sui Castelli Romani, si consuma un duplice omicidio per fatti ritenuti legati agli ambienti della droga. Vengono arrestate due persone: il calabrese Sante Fragalà e la sua compagna, Ausonia Pisani, vigilessa ad Albano Laziale, figlia di un generale dei carabinieri in pensione, già capo di stato maggiore dell'Arma, originario del Cilento. Le cronache ipotizzano un ruolo di Ausonia Pisani anche nell'omicidio Vassallo. Le indagini però non toccheranno mai la vigilessa né tanto meno il padre. Le indiscrezioni su una presenza di Ausonia Pisani ad Acciaroli alla vigilia del delitto non trovano conferma. Per la strage ai Castelli, Fragalà è stato condannato in primo grado a 30 anni, la vigilessa a 21 per concorso. Ma questa, allo stato, rimane tutt'altra storia rispetto all'omicidio Vassallo.

I veleni
La famiglia Vassallo ha più volte denunciato la scarsa collaborazione di Pollica alle indagini. Ma anche gli inquirenti sono convinti che, in paese, tanti avrebbero potuto contribuire a ricostruire la verità e invece hanno taciuto. In compenso, durante questi anni non sono mancati veleni e scambi di accuse. Come la lite, finita in tribunale, fra il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo e un agente immobiliare di Acciaroli. L'ufficiale ha denunciato per calunnia l'imprenditore perché aveva alluso a suo un presunto (e mai riscontrato) coinvolgimento nelle indagini sul delitto, l'agente immobiliare ha querelato per lesioni il colonnello. Non hanno avuto esito altre ipotesi investigative, doverosamente vagliate dagli investigatori ma rima¬ste prive di appigli concreti. Come la pista passionale, ad esempio.

Il silenzioE siamo a oggi. Non si è ancora scoperto chi e perché ha ucciso il sindaco-pescatore. Quest'anno il fratello Dario ha deciso di ricordarlo a Casal di Principe, non a Pollica dove quelli che forse sanno continuano a tacere.

(da Repubblica.Napoli.it)

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